Una Hit Parade Junghiana. I Cantautori Italiani coi loro Ritornelli: Dalla coppia all’amore universale.
Parte I – Teoria del Ritornello (Deleuze e Guattari)
Parte II – I cantautori italiani come costellazioni archetipiche
Parte III – Evoluzione culturale e psichica (anni ’80 – oggi)
Abstract
L’articolo Una Hit Parade Junghiana. I Cantautori Italiani coi loro Ritornelli: Dalla coppia all’amore universale analizza l’evoluzione dei cantautori italiani come incarnazioni archetipiche dell’inconscio collettivo. Mettendo in dialogo la psicoanalisi junghiana con la teoria del “ritornello” di Deleuze e Guattari, l’autrice interpreta le canzoni popolari come ripetizioni simboliche attraverso cui i complessi individuali si trasformano in miti collettivi. Dal romanticismo idealizzato di Baglioni alla fluidità queer di Mahmood, il saggio traccia quarant’anni di musica italiana come percorso psicologico e culturale: dal narcisismo sentimentale degli anni Ottanta alle identità plurali e vulnerabili dell’oggi. Ogni autore rappresenta un archetipo specifico – l’adolescente ribelle (Vasco Rossi), il dionisiaco (Zucchero), l’amante ferito (Cocciante), il guerriero spirituale (Mengoni), il puer inquieto (Ultimo). La canzone italiana appare così come un processo di individuazione collettiva: dall’anima idealizzata all’ombra accolta, fino alla fluidità e all’universalità dell’amore contemporaneo.
Introduzione
Ogni epoca ha i suoi cantori, figure che intrecciano il destino personale al collettivo, trasformando vissuti privati in patrimonio comune. La loro voce si fa colonna sonora di intere generazioni, non soltanto come intrattenimento, ma come esperienza psichica condivisa. Un ritornello può spalancare ricordi dimenticati, evocare emozioni rimosse, creare con un cambio di stazione radio improvvise risonanze interiori. È in questa capacità di trasformare l’inconscio individuale in immaginario collettivo che si riconosce la funzione (archetipica) della canzone.
Secondo Jung, ogni opera d’arte porta in sé tracce di complessi personali, che attraverso il processo creativo vengono sublimati fino a diventare immagini universali. Quando Baglioni canta il suo “piccolo grande amore” o Vasco Rossi celebra la sua “Albachiara”, non si tratta soltanto di storie private: quelle figure femminili, quelle emozioni adolescenziali, diventano simboli, specchi nei quali diverse generazioni si riconoscono.
Gilles Deleuze e Félix Guattari, da un’altra prospettiva, hanno sottolineato come il ritornello sia una struttura fondamentale che organizza il caos, delimita un territorio, dà forma al tempo e all’identità. Come un usignolo che ripete il suo verso, anche i cantautori tornano sempre alle stesse melodie, agli stessi temi, seppur variandoli e trasformandoli. La ripetizione non è segno di povertà creativa, ma di appartenenza a una matrice psichica profonda.
Questo lavoro nasce dal desiderio di mettere in dialogo due prospettive – psicoanalitica e deleuziana – applicandole al repertorio di noti cantautori italiani attivi da almeno 10 anni. L’ipotesi è che ognuno di essi incarni una costellazione archetipica specifica, oscillante tra l’immagine consapevole di sé (Selbstbild) e l’ombra che filtra nei testi. Attraverso i loro brani si possono cogliere le traiettorie dell’eros, le variazioni del narcisismo, le metamorfosi culturali dagli anni ’80 a oggi.
La scelta degli autori è necessariamente parziale, dettata dal desiderio di osservare coloro che regnano la hit parade italiana: Baglioni, Cocciante, Vasco Rossi, Ramazzotti, Zucchero, Jovanotti, Bennato, Ferro, Mengoni, Mahmood, Ultimo. Figure molto diverse per stile e generazione, ma accomunate da un tratto decisivo: la capacità di costruire, attraverso i loro ritornelli, un ponte tra inconscio individuale e inconscio collettivo.
Parte I – Il Ritornello
1. Il ritornello
Il ritornello è, in apparenza, la parte più semplice di una canzone: un motivo che si ripete, una melodia familiare che ritorna a intervalli regolari. Eppure, proprio per questa sua struttura ciclica, il ritornello racchiude una funzione psichica fondamentale. Gilles Deleuze e Félix Guattari, in Mille Plateaux (1980), hanno mostrato come il “ritornello” non sia soltanto un espediente musicale, ma una modalità universale di dare ordine al caos. L’uccello che canta per delimitare il territorio, il bambino che canticchia per farsi coraggio nel buio, il popolo che danza per scandire il tempo: tutti producono ritornelli. Essi non soltanto stabilizzano un ambiente, ma aprono anche a nuove possibilità di fuga, variazione, creazione.
Il ritornello, dunque, non è un ritorno identico, ma una “ripetizione differente”. Ogni volta che un tema ritorna, porta con sé una variazione. In questo senso, gli artisti si muovono come gli animali e i bambini: si ripetono, ma si trasformano. La serialità dei loro motivi è ciò che permette al pubblico di riconoscerli e di lasciarsi catturare.
2. Jung e la funzione simbolica della ripetizione
Per Jung, la psiche si organizza attraverso complessi, nuclei emotivi che si ripresentano ciclicamente nella vita individuale. Questi complessi non sono soltanto ostacoli, ma anche fonti di creatività. L’artista è colui che, anziché essere travolto dai suoi complessi, riesce a sublimarli in immagini, simboli, opere, e, aggiungo io, vive lautamente.
Nella musica dei cantautori italiani, i ritornelli non sono solo ripetizioni sonore: sono ritorni di complessi. L’amore idealizzato di Baglioni, la ribellione adolescenziale di Vasco Rossi, la disperazione amorosa di Cocciante, l’eros sempreverde di Ramazzotti: tutti questi temi ritornano, si modulano, si trasformano, ma non scompaiono. Sono immagini archetipiche che risuonano nell’inconscio collettivo, perché parlano a ciò che è universale.
La ripetizione musicale diventa così simbolizzazione: i cantautori mettono in scena, brano dopo brano, le proprie figure interiori. Una volta cantate, queste figure non appartengono più solo all’autore, ma a tutti noi: diventano parte della nostra memoria condivisa, capaci di evocare emozioni e ricordi con poche note. Tutti sono volati in vetta alle classifiche dopo l’uscita del singolo brano.
3. Dal complesso individuale all’archetipo collettivo
Jung ha distinto tra inconscio personale e inconscio collettivo. Il primo contiene ricordi e complessi individuali, il secondo custodisce immagini universali, gli archetipi. L’artista è il mediatore tra questi due livelli: attinge ai propri vissuti, li trasforma in forma estetica e, così facendo, li solleva a dignità archetipica.
Quando Vasco Rossi canta “Albachiara”, l’immagine di quella giovane ragazza non è più solo un suo ricordo: diventa la rappresentazione archetipica della giovinezza, della freschezza innocente e sensuale che tutti, almeno una volta, abbiamo percepito. Allo stesso modo, il “piccolo grande amore” di Baglioni non è più soltanto un’esperienza individuale, ma la matrice collettiva di ogni primo amore.
In questo processo, il ritornello svolge un ruolo decisivo: è ciò che imprime nella memoria, che rende riconoscibile l’immagine, che la ancora all’affettività collettiva. Ripetendo, il ritornello archetipizza.
Parte II – I cantautori italiani come costellazioni archetipiche
1. Claudio Baglioni: il bel romantico, il Claudio Nazionale
Claudio Baglioni rappresenta l’archetipo del cantore del primo amore, del poeta che restituisce dignità ai tremori adolescenziali e alla dolcezza perduta. Il suo volto pubblico, quello del “bel romantico”, coincide profondamente con i temi che riaffiorano nelle sue canzoni: l’innocenza giovanile, l’amore idealizzato, la nostalgia struggente per ciò che è stato e non sarà più.
In ottica psicoanalitica, Baglioni incarna l’archetipo dell’Anima nel suo aspetto luminoso: è il principio femminile interiore, capace di connettere l’Io alla profondità del sentimento, alla bellezza, alla tenerezza. La sua musica è spesso il ponte verso il Sé, quell’aspetto interiore che Jung descrive come totalità psichica. Le sue melodie risvegliano memorie collettive, veri e propri ricordi archetipici: chi ascolta Questo piccolo grande amore vi ritrova il proprio mito personale, trasfigurato in un racconto che è al tempo stesso individuale e universale.
Ma ogni luce ha la sua ombra. E l’ombra di Baglioni è quella della ripetizione, del mito che si fa rifugio anziché slancio verso la trasformazione. La sua musica rischia a volte di rimanere prigioniera di una giovinezza idealizzata, di un eterno ritorno che rassicura ma non sempre evolve. Jung avrebbe forse parlato di una inflazione archetipica: il rischio che l’individuo si identifichi troppo con una sola immagine interiore, perdendo contatto con la totalità del proprio essere.
Eppure, proprio questa fissazione rende Baglioni così potente e riconoscibile. È la sua coerenza emotiva a fare di lui una sorta di custode del sentimento italiano, una colonna sonora dell’inconscio collettivo affettivo. Baglioni, dopo il “passerotto”, è finito sempre più “solo”, “al centro” del suo universo. Lo sviluppo verso l’Universo e l’abbraccio collettivo è simile a quello di Mahmood, che pure si confronta col Ghettolimpo e con le sue “Stelle cadenti”, ma passando non dalla coppia, bensì dal “Klan”.
Le note di Questo piccolo grande amore, quando riaffiorano all’improvviso, come una brezza che porta profumi antichi, non sono mai solo ricordi. Sono epifanie numinose, momenti in cui il sacro penetra il quotidiano e il passato torna a illuminare l’oggi. Sono manifestazioni del numinoso, di quel sentimento ineffabile che, come Jung scriveva, ci mette a contatto con qualcosa di più grande, misterioso e totalizzante.
L’amore secondo Claudio Baglioni: Evoluzione 1972–2022
Dal piccolo grande amore al narcisismo solare: il percorso musicale di Claudio Baglioni
Periodo Album / Canzoni emblematiche Amore dominante Archetipi Ipotesi psicodinamica
Anni ’70 Questo piccolo grande amore (1972) Primo amore idealizzato, fusione di coppia Anima luminosa, Puer aeternus Proiezione di un Sé giovane e amato, simbiotico
Anni ’80 Strada facendo (1981), Avrai (1982) Nostalgia, amore paterno, tempo che passa Padre simbolico, Redenzione Passaggio dal giovane amante al cantore memoriale
Anni ’90 Mille giorni di te e di me (1990), Io sono qui L’assenza dell’altro, idealizzazione della perdita Ombra melanconica Subordinazione dell’amore alla memoria, centralità della perdita
2000 Sono io – L’uomo della storia accanto (2003) Amore solitario, riflesso dell’identità Sé integrato / solitudine Il “tu” si dissolve, resta l’“io” narrante
2010 Con voi (2013), In questa storia che è la mia (2020) Amore estetico, teatro interiore Narcisismo solare Il Sé diventa palcoscenico, l’amato ridotto a spettatore
2018 Al centro (live antologico) Ritorno narcisistico, autocelebrazione Io al centro della scena Ricapitolazione della propria traiettoria, identità come spettacolo
2020+ Io non sono lì (2020+), live riflessivi Amore universale, rarefazione dell’oggetto Vecchio saggio, Silenzio Distanza dall’eros, apertura alla coralità e alla trascendenza
• Dall’Anima all’Ombra: Baglioni comincia come cantore dell’anima idealizzata (la donna giovane, il sentimento puro), ma il suo percorso va verso il confronto con l’assenza, la perdita e infine il sé come oggetto d’amore.
• Individuazione: L’evoluzione verso “da solo / al centro” segnala una trasformazione spirituale, in cui l’amore di coppia si dissolve a favore di una forma esistenziale e simbolica di eros.
In sintesi, si può ipotizzare che Baglioni abbia presto superato la forma di amore di coppia per iniziare una lunga elaborazione narcisistica, che ha preso la forma di auto-celebrazione lirica. Tuttavia, più che un narcisismo patologico, si tratta spesso di un narcisismo sublimato, solare (alla Jung), in cui il Sé diventa l’oggetto e il soggetto dell’amore: il “centro della scena” è anche l’altare dell’anima.
2. Riccardo Cocciante: il romantico sfigato
Se Claudio Baglioni canta la luce dell’innamoramento adolescenziale, Riccardo Cocciante ci conduce invece nei luoghi oscuri dell’amore ferito. Le sue canzoni non raccontano l’idillio, ma il crollo, non senza tenerezza, ma il tormento. In lui si incarna l’archetipo dell’amante disperato, colui che ama troppo, male, tardi, o da solo.
Dalla rabbia dolorosa di Bella senz’anima, Era già tutto previsto al tentativo tardivo di riconciliazione di Se stiamo insieme passando per la Celeste nostalgia, Cocciante mette in scena la tragica ambivalenza dell’eros, oscillando tra desiderio, abbandono, dipendenza e rabbia. Potremmo dire che egli rappresenta l’Ombra dell’archetipo dell’Amore: la parte respinta, quella che non trova posto nelle storie idealizzate. È l’eros che non eleva ma divora, che spezza le difese dell’Io lasciando il soggetto in balia di emozioni primordiali, ma pronto a rinascere Cervo a primavera.
Il suo è un amore molto umano e molto noto: pulsionale, infantile, urlato, ma per questo anche autentico. È la voce del complesso materno negativo, che lega e soffoca, chiede amore eterno e incondizionato, e cerca di restituirlo con maturità (Margherita).
Cocciante parla direttamente al nostro inconscio affettivo, a quella parte di noi che ha amato troppo presto, troppo forte, troppo male. Le sue canzoni diventano catarsi collettiva, spazi in cui l’ascoltatore può incontrare senza vergogna la propria parte vulnerabile, il proprio abisso emotivo. È per questo che le sue melodie, anche nei loro slanci melodrammatici, non invecchiano mai: ci raccontano ciò che normalmente rimuoviamo.
Se Baglioni è l’amore come ricordo idealizzato, Cocciante è l’amore come ferita sempre pronta a sanguinare. Come scrive Jung, “ciò che non sale a coscienza ritorna come destino”: e nelle parole di Cocciante questa verità si fa canzone. Il suo canto non offre soluzioni, ma riconoscimento. Non salva, ma consola. Non idealizza, ma umanizza. L’enorme produzione di Cocciante per terzi, anche per interpreti femminili, riflette lo stesso spirito:
Come posso amarti ancora, Quando finisce un amore. Non dimentichiamo le grandi Opere che ha scritto o riscritto: Notre dame de Paris, Le Petit Prince, Giulietta e Romeo, Turandot.
E poi arriva Cervo a primavera. Un’immagine improvvisa e poetica che scardina il dolore: il maschile sconfitto che rinasce, l’istinto che, dopo l’inverno, cerca ancora la luce, nonostante tutto. È la promessa che anche il cuore ferito può ricominciare a battere, che la vita – e forse l’amore – torneranno a fiorire.
3. A Vasco Rossi: l’eterno adolescente ribelle
Vasco Rossi impersona l’archetipo dell’adolescente ribelle, colui che non vuole crescere. Il motociclista dalla vita spericolata, che mi si escludeva, gli spari sopra, c’è chi dice no, siamo solo noi, a capo di una nomade tribù rock.
3 B Vasco Rossi: evoluzione della figura femminile
L’universo femminile di Vasco Rossi è un prisma che riflette la traiettoria del suo immaginario erotico e della sua ombra psichica. Le sue canzoni mostrano un processo di proiezione e trasformazione: dalla giovinezza idealizzata, all’ombra del disincanto, fino alla maturità del riconoscimento e della riflessione. Emerge il confronto tra anima e ombra, eros e tempo. L’anima resta minorenne, segnata dalla fascinazione adolescenziale, mentre l’ombra porta con sé la consapevolezza del tempo, la critica alla superficialità e la malinconia dell’esperienza, arricchendo la poetica di contrasti.
A. Gli esordi: giovinezza ferita e idealizzata (anni ’70)
• Silvia (1977): la protagonista è una ragazza fragile, timida, inibita e spaventata; la sessualità è un tabù, l’adolescenza appare età di paura e ingenuità.
• Jenny è pazza (1978): l’immagine femminile è segnata dal disagio psichico e dall’incomunicabilità; la giovinezza non è pura e vitale, ma alienata e ferita.
• Albachiara (1979): Vasco celebra la freschezza innocente e sensuale di una ragazza adolescente. La figura diventa archetipo della purezza vitalistica e inconsapevole, idealizzata come anima luminosa.
B. L’angelicata e la critica (anni ’80)
• Toffee (1981): la giovane donna appare eterea, quasi onirica, più sogno poetico che presenza carnale; l’eros diventa lirismo distaccato.
• Canzone (1982): la donna è evocata nell’assenza, eco struggente, segno di perdita e distacco.
• Delusa (1983): l’idealizzazione si rompe; la ragazza è descritta come superficiale, omologata, “vuota”. La giovinezza è criticata come immagine sociale corrotta.
• Marie Louise (1989): anticipa una svolta; la donna appare emancipata, autonoma, cosmopolita, padrona di sé. Non più musa fragile, ma figura moderna e indipendente.
• Quanti anni hai? (1993): riflette ironicamente sul desiderio verso la giovinezza, ormai fuori portata. La donna giovane diventa attrazione problematica, con tono ironico e malinconico; l’anima si frantuma nel tempo.
C. La maturità: il tempo e le cicatrici (anni ’90)
• Sally (1996): la musa giovane lascia spazio alla donna segnata dalla vita, dalla sofferenza e dalla resilienza. L’ombra diventa protagonista: la donna matura e ferita porta in sé la profondità dell’esperienza. È il riconoscimento di un eros che affronta il dolore e la complessità umana.
D. I decenni recenti: disillusione e riflessione (anni 2000–oggi)
• L’amore ai tempi del cellulare (2014): mostra una trasformazione radicale; non più musa, ma partner immersa in una società liquida e tecnologica, dove i rapporti sono mediati dai dispositivi. Il femminile diventa riflesso della contemporaneità.
• Un mondo migliore (2016): la figura femminile si dissolve come immagine concreta per diventare simbolo esistenziale. I brani più recenti non pongono più la donna giovane al centro della fascinazione, ma si concentrano su vita, tempo e ricerca di senso.
E. Linea evolutiva complessiva
• Anni ’70: la giovane donna è fragile (Silvia, Jenny) o idealizzata (Albachiara).
• Anni ’80: si alternano immagini poetiche (Toffee), critiche (Delusa), ironiche (Quanti anni hai?) ed emancipate (Marie Louise).
• Anni ’90: emerge la donna segnata dall’esperienza (Sally).
• Anni 2000–oggi: la figura femminile diventa meno museale e più simbolo del tempo e del cambiamento sociale, riflesso della condizione umana.
In sintesi, il femminile in Vasco Rossi è un percorso di proiezione, delusione e integrazione. Dall’anima giovanile idealizzata si passa progressivamente alla sua ombra: la donna concreta, segnata, distante dalla fantasia erotica iniziale. Questo viaggio è anche un processo di individuazione: il cantautore, pur rimanendo pubblico simbolo dell’“eterno ragazzo”, affronta il confronto con il tempo, la perdita e l’interiorizzazione del desiderio. In fondo, l’evoluzione del femminile nel suo immaginario è lo specchio della sua stessa maturazione psichica.
4. Eros Ramazzotti: l’eterno innamorato
Eros Ramazzotti incarna l’archetipo dell’innamorato instancabile, sempre proiettato verso l’oggetto del desiderio. Fin dagli esordi, i suoi testi oscillano tra l’idealizzazione romantica e il sogno di un eros fresco e giovanile, rappresentato da figure femminili sempre più giovani dell’autore. Non si tratta di un tratto marginale, ma di un elemento costitutivo del suo immaginario: l’eros di Ramazzotti non invecchia, rimane ancorato a una giovinezza eterna. Dopo il fallimento del matrimonio con Michelle Hunziker, sua fan sin da bambina, non si è più ripreso, e proprio questa ferita sembra mantenere viva in lui una sofferenza creativa che alimenta la sua arte.
Sul piano psicanalitico, Ramazzotti mette in scena il complesso della perenne adolescenza erotica: la donna amata è musa, promessa, salvezza, proiezione di freschezza, vitalità e ingenuità. Ma in questa fissazione si cela anche l’ombra di un eros incapace di confrontarsi fino in fondo con la maturità, destinato a inseguire immagini giovanili che sfuggono. È un esempio evidente del ritornello come ripetizione: variazioni sul tema, ma sempre fedeltà all’oggetto giovanile e idealizzato.
Questo slancio idealizzante costituisce al tempo stesso la sua forza e il suo limite: l’amore appare come tensione spirituale, ma raramente come relazione concreta e complessa. Quando la crisi affettiva irrompe, l’Io lirico canta la ferita senza rinunciare al tono elevato e poetico. L’evoluzione affettiva e musicale di Ramazzotti si può così leggere come un viaggio archetipico tra eros, perdita, resilienza e maturità poetica, sempre sospeso tra anima ed ombra, tra l’incanto adolescenziale e la consapevolezza dolorosa del tempo.
Evoluzione tematica di Eros Ramazzotti (1996–2025)
Anno Evento / Album Tono prevalente Temi principali Brani-chiave
1996 Nascita di Aurora – Centralità dell’amore genitoriale L’aurora
1998 Matrimonio con Michelle / Eros Live Celebrazione Successo, affettività luminosa – (live celebrativo)
2000 Stilelibero Passione vitale Desiderio, apertura, intensità Fuoco nel fuoco, Più che puoi (con Cher)
2002 Separazione – Frattura privata e artistica –
2003 9 Malinconia Lutto amoroso, memoria, nostalgia Un’emozione per sempre, Il buio ha i tuoi occhi
2005 Calma apparente Resilienza Elaborazione, rinascita La nostra vita, Sta passando novembre
2007 e² Intensità globale Collaborazioni, rinnovamento Duetti con Tina Turner, Ricky Martin
2009 Ali e radici Poeticità Autenticità, ricerca di senso Parla con me, Controvento
2012 Noi Universalismo Relazioni, identità collettiva Un angelo disteso al sole, duetto con Il Volo
2015 Perfetto Consapevolezza Armonia, bilancio esistenziale Alla fine del mondo, Il tempo non sente ragione
2018 Vita ce n’è Riflessione intima Speranza, leggerezza affettiva Vita ce n’è, Per le strade una canzone (con Luis Fonsi)
2022 Battito infinito Maturità poetica Amore eterno, spiritualità Ama, Battito infinito, Gli ultimi romantici
• L’aurora (1996) segna la fusione tra eros romantico e amore genitoriale, preludio alla crisi futura.
• Un’emozione per sempre (2003) diventa simbolo della ferita dell’abbandono e della nostalgia.
• Dal 2005 al 2012 si delinea un percorso di resilienza e universalizzazione, con maggiore apertura al mondo e collaborazioni.
• Negli ultimi lavori (Vita ce n’è, Battito infinito) l’eros si trasforma in energia vitale e spirituale, fedele al sentimento come scelta esistenziale.
Linea evolutiva simbolica dell’amore in Ramazzotti (1985–2025)
Innamoramento idealizzato: amore totale, fusione romantica (Cuori agitati, Una storia importante).
Ferita dell’abbandono: separazione e lutto, ma anche amore genitoriale (Più bella cosa, L’aurora).
Rottura e introspezione: il dolore della separazione segna un punto di svolta (9, 2003).
Ripresa sentimentale: nuova idealizzazione, ma più matura (Un’emozione per sempre).
Resilienza adulta: celebrazione luminosa dell’amore (Un angelo disteso al sole).
Eros evergreen: il tempo passa, ma il tema amoroso resta immutato (Vita ce n’è).
Eros eterno: fedeltà al sentimento come cifra artistica (Battito infinito, Ama).
Nei testi di Eros Ramazzotti l’amore appare quasi sempre come innamoramento idealizzato, un sentimento che resta legato all’adolescenza del cuore: fusione, devozione, bisogno di un “tu” che completa. In questo senso non evolve mai verso una descrizione pienamente matura della relazione, cioè fatta di compromessi, quotidianità, conflitti e crescita condivisa. L’amore rimane più spesso slancio, sogno, mancanza o nostalgia.
È vero anche che la paternità reale non trova una vera elaborazione simbolica nei testi. C’è qualche eco in canzoni come L’Aurora, ma non diventa mai un tema costante o un “filo narrativo” maturo che trasformi l’amore in un rapporto generativo (non solo di coppia, ma di famiglia).
D’altra parte, sarebbe sbagliato dire che l’amore nei suoi testi rimane solo primitivo: con gli anni entrano in gioco elementi di ferita, resilienza e consapevolezza del tempo (Un’emozione per sempre). Quindi non è un amore pienamente adulto nella rappresentazione quotidiana, ma evolve in termini di tono poetico: da entusiasmo e fusione, a nostalgia e sopravvivenza del sentimento.
5. Zucchero Fornaciari: l’archetipo del Dionisiaco, il Joe Cocker nazionale
Zucchero Fornaciari incarna il Dionisiaco, il mortale in eccesso, sospeso tra sacro e profano. Nei suoi testi si intrecciano invocazioni spirituali e sensualità carnale in un registro che unisce il blues afroamericano alla tradizione melodica italiana. La sua immagine pubblica è volutamente ambigua: un artista “oltre”, difficilmente collocabile, che canta la vita come euforia e dolore, vino e lacrime, corpo e spirito fusi insieme.
È il bluesman dell’eccesso: gioia e disperazione sono per lui le due facce della stessa medaglia. L’anima zuccheriana si manifesta nell’anelito a una trascendenza che passa però per la carne, mentre l’ombra è rappresentata dall’abuso, dalla smodatezza, dalla confusione. Si rivolge al cielo invocando Dio, ma attraverso il vino e il desiderio; ama e bestemmia, trasforma il dolore in piacere.
In una prospettiva psicoanalitica, Zucchero rappresenta un processo archetipico ciclico e trasgressivo: non cerca redenzione, ma trasfigura l’eccesso. La sua voce blues graffiata è quella del puer senex, il fanciullo vecchio che ha visto troppo ma non ha smesso di sentire. L’anima tende all’unione col tutto, ma resta sempre tentata dallo scivolamento nell’ombra.
La formula “Bacco per bacco” sintetizza alla perfezione questo immaginario: un’esclamazione che invoca il dio del vino e insieme bestemmia d’amore. In termini simbolici, rappresenta la sincronicità di spirito e corpo: nessuna elevazione senza caduta, nessuna redenzione senza piacere. È in questa oscillazione tra estasi e rovina che si compone la psicobiografia sonora di Zucchero.
Evoluzione simbolica (1983–2021)
Eros carnale e rabbia – Zucchero & the Randy Jackson Band (1983–1987)
→ Il desiderio è urlato, bruciante, rabbioso. Il corpo domina.
Vitalismo dionisiaco – Blue’s, Rispetto (1987–1989)
→ Vita e musica come ebbrezza condivisa. L’energia sensuale si fa identità.
Lamento spirituale – Oro incenso & birra (1989)
→ Prime invocazioni interiori: spiritualità e dolore si abbracciano nel canto.
Fusione sacro-profano – Miserere, Spirito DiVino (1992–1995)
→ Blues, gospel, preghiera, vino e redenzione. Il cuore dionisiaco si fa liturgia.
Celebrazione dell’Io – Shake, Zu & Co (2001–2004)
→ Esplosione collaborativa, euforia musicale, Zucchero come figura mitica.
Nostalgia esistenziale – Chocabeck, Discover (2010–2021)
→ Sguardo retrospettivo, malinconico, poetico. La voce si fa eco, preghiera matura.
Zucchero canta l’integrazione degli opposti: il sacro e il profano, il desiderio e la preghiera, la festa e la perdita. È un esempio di funzione trascendente incarnata nella voce: non nega né l’ombra né l’anima, ma le fa dialogare. In un mondo che spesso separa il sensuale dallo spirituale, Zucchero li fonde nel rito musicale dell’eccesso. Il suo blues non redime, ma umanizza: e in questo sta la sua grandezza archetipica.
6. Edoardo Bennato: il menestrello Peter Pan, BOB Dylan nazionale
Edoardo Bennato: Evoluzione dei successi musicali (1973-2020)
Identità artistica
• Jeans e maglietta come divisa simbolica.
• Menestrello ironico, narratore popolare, moderno cantastorie.
• Poetica del gioco, della fiaba e dell’ironia.
• Tono leggero che svela verità scomode e contraddizioni sociali.
Dimensione simbolica (archetipica)
• Archetipo: Puer aeternus.
• Freschezza, fantasia, ribellione.
• Rifiuto di crescere, spirito libero che non si adatta al mondo adulto.
• Ombra:
• Rischio di ingenuità e fuga dall’impegno.
• Impossibilità di maturare del tutto, eterna adolescenza come limite evolutivo.
• Anima: energia del fanciullo creativo, capace di immaginare mondi alternativi e dire “no” con il sorriso.
• La leggerezza non è evasione, ma strategia di resistenza: colpisce senza retorica, con ironia e fantasia.
Funzione sociale e critica
• Smaschera i potenti con la voce dell’infanzia, parole semplici che rivelano verità profonde.
• Come il bambino di Andersen ne I vestiti nuovi dell’imperatore, denuncia ipocrisie collettive che gli adulti fingono di non vedere.
• La fiaba come forma di verità: brani come Il gatto e la volpe, Sono solo canzonette, L’isola che non c’è mettono in scena conflitti reali in chiave ludica.
• Come Dylan, è cantore della disillusione, ma con la voce limpida e scomoda del fanciullo eterno.
In sintesi Bennato è il Peter Pan musicale che non vuole crescere, non per narcisismo, ma per mantenere intatto lo sguardo critico del bambino. La sua arte non fugge dal mondo, ma lo sfida attraverso la fiaba. È un esempio di come l’archetipo del Puer possa diventare coscienza sociale, rivelando con la forza dell’ironia ciò che la ragione adulta censura.
7. Jovanotti: l’attivista vagabondo che pensa positivo
Jovanotti incarna l’archetipo del viandante solare, un esploratore entusiasta che attraversa stili, culture e fedi come tappe di un viaggio interiore ma anche collettivo. Fin dagli esordi si presenta come giullare contemporaneo: capace di trasformare la leggerezza in messaggio, la musica in gesto politico, la danza in preghiera. La sua immagine pubblica è quella di un attivista che danza: unisce corpo e politica, musica ed ecologia, viaggio e ricerca interiore.
Nei suoi testi si alternano motivi giocosi e riflessioni profonde sul senso della vita, canzoni da spiaggia e inni alla solidarietà globale. È il giullare cosmico, colui che trasforma narcisismo in partecipazione, edonismo in apertura al mondo. Sa perfino sfoderare con ironia la propria incapacità a ballare, facendo di un limite personale un tratto simbolico.
Dal punto di vista psicoanalitico, il suo percorso segue la traiettoria dell’individuazione nomade: ogni tappa musicale è un frammento di cammino verso sé stesso e verso l’altro. L’archetipo dominante è quello del Pellegrino, che cerca senso viaggiando. La sua anima è utopica, solare, cosmica; la sua ombra è il rischio di scivolare nella superficialità dello slogan, nel sincretismo disorientante e in un ottimismo fuori misura.
Fasi evolutive (1988–oggi)
Periodo Parola chiave Archetipi Temi ricorrenti Ombra
1988–1993 Giullare Il Ragazzo, Il Giocoso Spensieratezza, rap, adolescenza, vitalismo Superficialità, cultura usa-e-getta
1994–2000 Risveglio Il Cercatore, L’Idealista Impegno, amore, spiritualità, globalizzazione Predicazione ingenua, naïveté
2001–2010 Utopia Il Viandante, L’Attivista Ecologia, pace, viaggi, spiritualità orientale Ottimismo eccessivo, astrattezza
2011–2018 Sincretismo Il Poeta Nomade Contaminazione culturale, introspezione, ritmo Disorientamento stilistico
2019–oggi Maturità solare Il Saggio Danzante Natura, semplicità, amore universale, ritorno alla terra Idealismo disconnesso dal reale
Jovanotti è il menestrello planetario che sfodera la sua “incapacità a ballare” per danzare comunque la vita. È il cantautore del movimento, mai fermo, sempre curioso, animato da un desiderio di fusione cosmica tra individuo e mondo. In lui vive una spiritualità pop, capace di parlare di meditazione e sostenibilità con il linguaggio della festa e del sorriso.
Il suo viaggio musicale può essere letto come una lunga funzione trascendente: ogni transizione tra un’identità e l’altra – da rapper a mistico, da turista a poeta – rappresenta un tentativo di integrare gli opposti. L’edonismo giovanile si trasforma in solidarietà planetaria, il ritmo diventa rituale, il pop si fa pratica etica.
• Archetipo dominante: il Viandante solare, sintesi di Puer, Cercatore e Saggio danzante.
• Tensione principale: tra utopia e concretezza, tra slancio e radicamento.
• Risorsa simbolica: la capacità di trasformare il viaggio in cammino spirituale, mantenendo il corpo al centro.
8. Mahmood: l’archetipo del figlio errante
Mahmood incarna l’archetipo contemporaneo dell’amante ferito e resiliente, ma declinato nella figura del figlio errante: un giovane che nasce dal trauma, attraversa il vuoto e cerca un proprio radicamento. Nei suoi testi non vi è idealizzazione romantica, bensì complessità: amori segnati da fragilità, dipendenza affettiva, assenza paterna (Soldi), relazioni instabili (Rapide, Brividi, Cocktail d’amore).
La sua immagine pubblica è volutamente sfuggente: non si lascia racchiudere da etichette sessuali o appartenenze nette, incarnando la fluidità identitaria della sua generazione. In questo spazio di indefinizione prende forma una poetica che unisce vulnerabilità e resistenza, intimità e coraggio.
La sua anima è liquida, cangiante, capace di assumere forme diverse: fragile, aggressiva, ironica, queer. La sua ombra si manifesta come instabilità, dissociazione, malinconia ricorrente, senso di esclusione. Tuttavia, proprio queste ferite diventano materia viva di un canto collettivo: Mahmood non sublima il dolore in armonia classica, ma lo trasforma in connessione.
Dal trauma all’appartenenza, egli costruisce una comunità lirica alternativa, fatta di chi “non appartiene”. In questa non-appartenenza prende corpo una nuova solidarietà: voci marginali che si riconoscono, trovando nello spazio della sua musica una possibilità di riscatto e di verità emotiva.
Evoluzione tematica di Mahmood (2018–2025)
Periodo Brani emblematici Tema dominante Archetipi Trasformazione
2018 Gioventù bruciata, Uramaki Origine e disadattamento
Identità mista, disagio urbano, fatica del riconoscimento Figlio errante, ombra meticcia, estraneo Rifiuto dell’infanzia, ricerca di legittimità
2019 Soldi, Barrio Padre assente e trauma relazionale
Denaro come surrogato emotivo Ferita paterna, figlio spezzato Il Sé cerca di emanciparsi dal vuoto affettivo
2020 Rapide, Dorado Depressione, mobbing emotivo, dissociazione
Traumi relazionali, distanza da sé Io frammentato, ombra liquida Emergere della dissociazione e instabilità
2021–2022 Brividi (con Blanco), Klan Ambiguità relazionale e identità fluida
Desiderio queer, bisogno di appartenenza Anima fluida, desiderio non normativo Verso una nuova forma d’amore, vulnerabile e condiviso
2022–2024 Cocktail d’amore, Rubini Solidarietà marginale
Appartenenza non convenzionale, famiglie alternative Clan segreto, sorellanza sotterranea L’Io scopre alleanze invisibili, si radica
2025 (ipotetico) inediti futuri Riconciliazione o sublimazione
Accettazione della ferita, sublimazione della marginalità Guaritore ferito, testimone del margine Verso un Sé che abbraccia la propria ombra e la trasforma
Alcune citazioni emblematiche:
• "Soldi" – "Non ho bisogno di te / o forse sì" → ambivalenza verso la figura paterna.
• "Rapide" – "Non so più chi sei / non so più chi sei" → dissociazione identitaria.
• "Brividi" – "Ho sognato di volare con te / su una bici di diamanti" → desiderio d'amore non convenzionale, evanescente.
• "Klan" – "Siamo un club, siamo un Klan" → la comunità dei simili, anche senza legami di sangue.
Concetti chiave
• Anima: Mahmood non rappresenta un modello fisso dell’anima (come la donna idealizzata in Baglioni), ma un principio emotivo fluido, non etichettabile. La sua anima è queer, nel senso più ampio: si muove ai confini, cambia forma, ama senza schema.
• Ombra: La sua ombra non è nascosta, ma esposta: traumi familiari, mobbing, depressione, alienazione. Tuttavia, a differenza di chi la teme, Mahmood la abbraccia, la fa cantare.
• Archetipo dominante: il figliol prodigo postmoderno, che non torna alla casa paterna ma ne costruisce una nuova. La casa è il clan invisibile, l’amore queer, l’affetto condiviso tra chi non ha avuto protezione.
Mahmood è la figura archetipica del guaritore ferito in formazione: parte da una frattura e si espande nel canto, non per riempire il vuoto, ma per onorarlo. La sua arte è trasformazione dell’assenza in linguaggio, dell’identità instabile in segno generazionale.
Se Baglioni canta l’amore ideale, Mahmood canta l’amore possibile dopo la perdita. E proprio in questa sincerità emotiva, dolorosa e fluida, sta la sua forza archetipica.
9. Marco Mengoni: il guerriero spirituale
Mengoni porta in scena l’archetipo del Guerriero interiore: non un conquistatore esterno, ma un artista che combatte soprattutto dentro di sé. La sua forza non è nella vittoria, bensì nella capacità di trasformare la fragilità in canto.
Nei testi emerge un percorso dal ribelle istintivo (puer) al guerriero che sfida norme e pressioni, fino al testimone di autenticità che dà voce anche alla vulnerabilità. Questa traiettoria, in ottica psicoanalitica, assume la forma di una funzione trascendente: mediazione tra immagine pubblica e verità interiore, tra bisogno di affermazione e introspezione.
La sua ombra risiede nel rischio narcisistico: identificarsi con l’immagine eroica del “vincente” senza lasciare spazio alla quotidiana imperfezione. Il passaggio decisivo sta proprio nel superare questa trappola, liberando la voce da strumento di difesa a strumento di verità.
Mengoni incarna così un eroismo fluido e inclusivo: un artista psicologicamente non binario, che intreccia maschile e femminile, potenza e resa, eroismo e dubbio. Il suo narcisismo non è solo rischio, ma anche energia creativa: la spinta a trasformare l’io esposto sul palco in ricerca di autenticità.
Dal guerriero che combatte al guerriero che ascolta: questo è il suo cammino verso il Sé.
Archetipo
• Guerriero spirituale
• Non conquista territori esterni, ma combatte nella propria interiorità
Anima
• Forza liberatoria
• Messaggi di resilienza
• Apertura a nuove possibilità
• Potenza dolce, capace di accogliere la vulnerabilità
Ombra
• Rischio di identificarsi con un’immagine eroica
• Pericolo di nascondere la fragilità quotidiana
• Possibile scivolamento nella retorica dell’eroe
Evoluzione
• Dalla ribellione reattiva iniziale alla maturità introspettiva
• Passaggio verso un’energia inclusiva, fluida, accogliente
• Traiettoria come funzione trascendente: media tra affermazione pubblica e verità interiore
Funzione simbolica
• Porta nel pop contemporaneo un’idea di eroismo interiore e non bellico
• Propone un modello di forza che non esclude la fragilità
• Incarna un cammino di emancipazione identitaria, aperto e gender neutral.
Evoluzione simbolica (2009–oggi)
Periodo Parola chiave Archetipi Temi ricorrenti Evoluzione psichica
2009–2012 Lanciare Il Ribelle del Cuore Slancio, voce nascente, ingenuità Bisogno di visibilità e partecipazione
2013–2015 Combattere Il Guerriero Oppressione, determinazione, lotta Presa di posizione e visione unilaterale
2016–2018 Autenticità L’Artista coraggioso Emancipazione, visione interiore, verità emotiva Riconoscimento del Sé vulnerabile
2019–2021 Conquista Il Liberatore Apertura, abbattimento di muri, nuovi spazi Dalla lotta esterna alla conquista intima
2022–oggi Emancipazione interiore Il Sé integrato Evoluzione spirituale, accettazione di sé Integrazione dell’ombra, armonia con la propria voce
10. Tiziano Ferro: romantico e vulnerabile
Evoluzione (2001–oggi)
Fase Parola chiave Archetipi Temi dominanti Movimento interiore
2001–2006 Adolescenza Il Giovane ferito Timidezza, abbandono, sconforto Emergere del dolore psichico
2007–2011 Confessione Il Cuore spezzato Solitudine, segreti, coming out Liberazione emotiva, rischio vittimismo
2012–2016 Accettazione L’Amante Funesto Onestà, resilienza, relazioni difficili Tentativo di integrare amore e perdita
2012–2016 Archetipo Il Confessore affranto Riconoscimento dell’ombra Verso una nuova stabilità
2017–oggi Maturità Il Sé vulnerabile Consapevolezza, empatia, perdono Equilibrio tra voce pubblica e intimità
Tiziano Ferro rappresenta l’archetipo dell’innamorato confessionale: le sue canzoni attraversano amori sofferti, relazioni difficili, desiderio, perdita e ricerca di identità. A differenza di Ramazzotti, non idealizza l’eterna giovinezza dell’amata, ma, pur dentro un rapporto monogamo, mette in scena il travaglio di un eros complesso e tormentato fino al cuore rotto. La sua cifra poetica è la sincerità disarmante, la capacità di dare voce alla vulnerabilità, al dolore e alla solitudine, trasformando le ferite personali in un linguaggio musicale che diventa catartico e universale.
Nella sua anima si riflette la profondità di chi non teme di esporsi, di piangere e di chiedere; nella sua ombra emerge il rischio di restare prigioniero della malinconia, facendo del lamento un tratto identitario. In prospettiva psicoanalitica, Ferro incarna un percorso di integrazione del dolore: dal giovane ferito – segnato da timidezza, insicurezza e repressione – approda, attraverso confessione e accettazione, a un Sé più maturo e autentico, capace di parlare con voce limpida e compassionevole. La sua forza risiede nell’aver trasformato il privato in un patrimonio emotivo condiviso, dando dignità artistica alla fragilità e sublimando la sofferenza in empatia collettiva.
11. Ultimo: L’ADHD quotidiano
Niccolò Moriconi, in arte Ultimo, si configura come l’archetipo del giovane irrequieto, vicino all’immaginario ADHD: un artista che canta la fragilità adolescenziale e la fatica di trovare un posto nel mondo. Nei suoi testi emerge una costante oscillazione tra rabbia, malinconia e bisogno di riconoscimento.
La sua anima esprime autenticità giovanile, freschezza e immediatezza emotiva; la sua ombra si rivela nel rischio di ripiegarsi narcisisticamente, costruendo un’identità segnata dall’isolamento e dal compiacimento della marginalità.
Ultimo incarna il puer inquieto: figura psicoanalitica del giovane ribelle ed emotivo, che lotta contro i limiti imposti dal mondo adulto e contro le proprie insicurezze. La sua musica, istintiva e sincera, diventa una forma di autonarrazione capace di trasformare le esperienze quotidiane in miti generazionali e successi di classifica. Nei suoi brani non vi sono maschere: traspaiono la rabbia dell’incompreso, l’ansia di non farcela, il bisogno viscerale di riconoscimento e, insieme, la determinazione a restare autentico.
In ottica psicoanalitica, Ultimo rappresenta il maschile emotivo contemporaneo: un soggetto che non ha ancora integrato pienamente i propri opposti, ma che accetta di mostrarsi nel caos. Ogni fase del suo percorso diventa tappa di un processo di individuazione giovanile non lineare, non risolto, ma radicalmente autentico. È il puer moderno dal cuore stonato, che grida il suo bisogno d’amore nei luoghi dell’incomprensione.
In una società che tende ad anestetizzare le emozioni, Ultimo le amplifica e le restituisce al pubblico: non per compiacere, ma per dare voce a chi si sente fuori posto. Non canta la perfezione, ma il disadattamento e il desiderio di appartenenza; è il portavoce di una generazione che non cerca risposte definitive, ma ascolto. Il suo “ADHD artistico” è una iperattività del cuore: irregolare, reattiva, ma intensamente umana.
Archetipi e dinamiche psichiche
• Anima: immediatezza emotiva, romanticismo diretto, autenticità irregolare.
• Ombra: autoisolamento, narcisismo adolescenziale, tendenza all’autocommiserazione.
• Archetipo dominante: il Ragazzo errante, figura in bilico tra il fuggitivo e il combattente.
Evoluzione simbolica (2017–oggi)
Periodo Dimensione Archetipica Temi dominanti Archetipo junghiano Ombra Evoluzione
2017–2018 Arginare Impulsività, autoesclusione Il Ribelle autodidatta Emotività incontrollata, fuga Tentativo di contenimento
2019–2020 Rivendicare Riscatto, successo, rivalsa Il Vincente solitario Arroccamento, opposizione reattiva Bisogno di affermazione
2021 Smarrito Vuoto, malinconia, autocommiserazione Il Poeta-maledetto Poeticizzazione del dolore, vittimismo Caduta e contemplazione dell’ombra
2022–2023 Errare Vagabondaggio emotivo, ribellione Il Guerriero sensibile Visione dicotomica, inquietudine continua Riconoscimento del disorientamento
oggi Serenità Accettazione, cambiamento, calma Il Sé emergente Rischio di idealizzare la quiete raggiunta Verso una presenza emotiva più stabile
Alla fine Ultimo rappresenta un ragazzo in via di trasformazione, forse ancora distante da una piena integrazione, ma capace di attraversare l’ombra senza censurarla. La sua musica è rito quotidiano di autoaffermazione emotiva.
Dalla ribellione alla costruzione di un’identità.
Dalla fuga impulsiva all’accettazione del fallimento.
Tabella comparativa – Cantautori e archetipi
Cantautore Immagine pubblica Archetipo dominante Anima Ombra
Claudio Baglioni Bel romantico, “figo” riservato Cantore del primo amore L’idealizzazione del sentimento puro, giovinezza solare Ripetitività rassicurante, cristallizzazione nell’adolescenza
Riccardo Cocciante Romantico disperato Amante ferito Intensità emotiva, autenticità del dolore Dipendenza affettiva, disperazione amorosa
Vasco Rossi Motociclista ribelle, eterno ragazzo Adolescente ribelle Vitalità, libertà, fascinazione giovanile Disillusione, cinismo, ombra del tempo
Eros Ramazzotti Innamorato perenne, sempreverde Amante instancabile Freschezza erotica, idealizzazione del sentimento Fissazione giovanilistica, reiterazione simbolica
Zucchero Bluesman eccentrico, ambiguo Dionisiaco Fusione sacro-profano, energia vitale Eccesso, smodatezza, confusione esistenziale
Edoardo Bennato Menestrello Peter Pan Puer aeternus (fanciullo eterno) Fantasia, ironia, critica sociale giocosa Ingenuità, impossibilità di maturare
Jovanotti Attivista vagabondo, giullare cosmico Viandante utopico Speranza planetaria, apertura, vitalismo Superficialità, sloganismo, entusiasmo compulsivo
Mahmood Fluido, sfuggente, inclusivo Figlio errante Autenticità emotiva, coraggio identitario, inclusività Instabilità psichica, malinconia, frammentazione
Marco Mengoni Guerriero pop introspettivo Guerriero spirituale Forza interiore, resilienza, liberazione emotiva Idealizzazione eroica, negazione della fragilità
Tiziano Ferro Romantico vulnerabile Confessore affranto Sincerità emotiva, empatia universale Lamento cronico, malinconia identitaria
Ultimo Ragazzo inquieto, outsider Puer irrequieto Autenticità adolescenziale, immediatezza espressiva Ripiegamento narcisistico, isolamento malinconico
Parte III – Evoluzione culturale e psicologica dagli anni ’80 a oggi
1. Gli anni ’80–’90: il narcisismo come maschera
Negli anni Ottanta e Novanta la canzone d’autore italiana mette in scena un patriarcato sentimentale eterosessuale, attraversato da un narcisismo onnipresente. Baglioni e Cocciante incarnano due poli del romanticismo maschile: nostalgia luminosa e passione disperata. Vasco Rossi porta all’estremo l’archetipo dell’eterno adolescente, Bennato gioca con il puer aeternus, mentre Renato Zero rappresenta un’eccezione al modello maschile dominante.
La donna è musa fragile, idealizzata o delusa, proiezione dell’anima più che soggetto reale. Domina la maschera narcisistica, mentre l’ombra resta in secondo piano.
2. Gli anni 2000: maturità e disillusione
Con il nuovo millennio entra in scena il tempo che passa. Vasco canta Sally, figura femminile segnata dalle cicatrici della vita. Ramazzotti continua a inseguire l’amata ideale, ma da uomo maturo; Zucchero sublima l’ombra nel dionisiaco, tra eccesso e spiritualità; Jovanotti trasforma il viaggio in cammino utopico.
Il narcisismo diventa fragile, meno spavaldo: emergono disillusione, nostalgia, riflessione sulla finitezza. L’anima femminile perde centralità e si aprono nuovi temi: ambiguità, senso dell’esistenza, tolleranza. L’ombra comincia a farsi sentire con forza.
3. Dal 2010 a oggi: fluidità e identità plurali
Nell’ultimo decennio, una generazione di cantautori come Mahmood, Mengoni, Ferro, Ultimo, Ghali e Marracash propone un linguaggio radicalmente diverso. L’amore non ha più un oggetto unico: diventa universale, queer, indefinito. Mahmood canta bullismo e ferite paterne, Mengoni mette in scena il guerriero spirituale, Ferro offre la vulnerabilità come forza, Ultimo trasforma l’inquietudine adolescenziale in condizione permanente, Marracash esplora direttamente l’ombra e la patologia dell’anima.
Si passa dal narcisismo della maschera all’autenticità della ferita. L’ombra, un tempo nascosta, diventa protagonista: esibita, dichiarata, cantata come esperienza comune.
4. Archetipi in transizione
Dal punto di vista psicoanalitico, la traiettoria è netta:
• Anni ’80–’90: l’anima femminile domina, l’ombra resta marginale.
• Anni 2000: l’ombra entra in scena (sofferenza, tempo, cicatrici).
• Anni 2010–2020: l’ombra diventa protagonista, con vulnerabilità, fluidità e identità plurali.
La teoria del ritornello di Deleuze e Guattari illumina questo percorso: ogni generazione ripete i propri motivi, ma con variazioni che riflettono mutamenti sociali. Dalla ripetizione dell’amore giovanile (Baglioni, Ramazzotti) si passa alle variazioni sulla fragilità e sull’instabilità emotiva (Mahmood, Ultimo).
5. La hit parade come specchio culturale
La musica “leggera” funziona come specchio culturale: riflette desideri e paure collettive, trasformandoli in costellazioni archetipiche. Dall’eros minorenne di Ramazzotti alla resilienza di Sally, dal dionisiaco di Zucchero alla fluidità di Mahmood, ogni ritornello diventa simbolo condiviso.
La canzone italiana ha attraversato un processo di individuazione collettiva: dall’anima femminile idealizzata all’ombra protagonista, fino alla fluidità identitaria. In questo movimento il ritornello ha agito come dispositivo di memoria e trasformazione: fissando simboli, li ha fatti evolvere.
I cantautori, mediatori simbolici più che semplici intrattenitori, hanno tradotto il caos psichico in forme musicali ripetute, trasformandosi in testimoni di un’epoca. Non più eroi solitari, ma voci di una società frammentata e plurale, capace di cantare le proprie ferite.
Questo articolo è stato scritto con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
Indicazioni bibliografiche verranno fornite su richiesta.
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